CAMPOMAGGIORE, una storia meravigliosa che rivive a distanza di 140 anni.

“Alcuni asini si rifiutarono di attraversare un ponte segno premonitore di quello che sarebbe successo”.
Il 10 febbraio 1885 di una piovosa e freddissima giornata di inverno, una terribile frana si abbatte su Campomaggiore. Il paese è distrutto ma i suoi abitanti sono miracolosamente illesi. Le forze della natura si rovesciarono terribilmente. Una data nefasta che non si può e non si deve dimenticare. Un paese bello, progettato da Giovanni Patturelli, architetto allievo del Vanvitelli. Un borgo senza povertà e miseria dove tutti vivevano dignitosamente grazie a sistemi all’avanguardia di produzione agricola e di allevamento. Un tessuto urbano in cui regna l’ordine e l’uguaglianza, con strade che si incrociano ortogonalmente e dove le abitazioni sono tutte delle stesse dimensioni. Al centro regna la grande piazza con il palazzo baronale e la chiesa, posti uno di fronte all’all’altra. Nasce così “La Città dell’Utopia” La storia narra che all’alba del 10 febbraio, alcuni asini si rifiutano di attraversare un ponte. Un attimo dopo, gli abitanti lo videro crollare. In poche ore tutte le case, e persino il palazzo dei conti Rendina vengono inghiottite dalla frana che spazzò via tutto. Nemmeno la Chiesa resiste al destino nefasto, tutto in frantumi, proprio tutto, tranne il simbolo della comunità: la statua della Madonna del Carmelo. Il sogno di un uomo, quello del conte Teodoro Rendina e della sua popolazione, svaniva. Quel paese, oggi, vive nell’anima e nel cuore di ogni cittadino di Campomaggiore sparso in ogni dove. Un amore infinito nei confronti della Madonna del Carmine, protettrice del piccolo paese. Il 10 febbraio 1885 è una data che segna un legame indissolubile con la gente. Una storia che sembra una fiaba, un posto incantevole tra passato e presente. Una storia chiamata Campomaggiore, la “Città dell’Utopia”.
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